Onorevoli Colleghe! Onorevoli Colleghi! - Con questa proposta di legge abbiamo inteso assumere la proposta di iniziativa popolare n. 6351, depositata in Parlamento al termine della scorsa legislatura, da tre sindacati (SPI-CGIL, FNP-CISL, UILP-UIL), per rafforzare il suo iter parlamentare in ragione della sua rilevanza e della condivisione nel merito degli interventi indicati.
      In Italia, la cura e l'assistenza delle persone non autosufficienti sono, da sempre, affidate prevalentemente alle pratiche familiari e tutti sanno che una diminuzione

 

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anche piccola nella disponibilità delle famiglie può causare una forte crescita della domanda di assistenza e di servizi. La rete familiare, va sottolineato, presenta una crescente fragilità per la difficoltà, da un lato, delle famiglie più giovani di conciliare lavoro e accudimento dei congiunti e, dall'altro, per i problemi di «tenuta fisica» dei nuclei più anziani, a causa della fatica nella cura dei disabili e dei «grandi anziani» e dell'impegno totalizzante che ciò comporta.
      L'approvazione di questo provvedimento costituirebbe un investimento sul presente e sul futuro, poiché guarda anche a quei 14 milioni di italiani che avranno più di 65 anni di età nel 2030, vale a dire il 27 per cento della popolazione, contro l'attuale 16,8 per cento.
      Saremo anche allora il Paese più vecchio d'Europa, con il rischio di divenire un Paese solo da assistere, se non si fa leva contemporaneamente su tutti gli interventi che mirano alla prevenzione della non autosufficienza, siano essi di carattere medico-scientifico, siano essi di carattere culturale e sociale.
      Se il fenomeno dell'invecchiamento pone problemi seri, soprattutto in ordine ai trasferimenti monetari per la cura dei grandi anziani, non vi è dubbio comunque che oggi poter diventare vecchi e vivere da vecchi è espressione di un'alta qualità della vita. Significa soprattutto recuperare, nella biografia individuale, quando permanga lo stato di autosufficienza, un tempo nuovo ed importante che può essere ancora ricco di progettualità individuali e di relazione.
      Una considerazione nuova del tema della non autosufficienza impone la necessità di contrastare l'«istituzionalizzazione» delle attività di cura e di accudimento non solo a parole, bensì concretamente, con interventi di supporto e sostegno di straordinaria intensità e veramente flessibili, tali da rendere davvero possibile alle famiglie il prendersi cura dei propri anziani.
      Nella generale carenza di risposte pubbliche, sappiamo che un forte sostegno alle famiglie viene oggi dalle lavoratrici e dai lavoratori domestici extracomunitari.
      Nel complesso, dunque, la famiglia costituisce ancora oggi la principale risorsa a disposizione delle persone disabili e anziane per fronteggiare la non autosufficienza, e i costi della cura sono sostenuti principalmente dalle famiglie stesse, attraverso il ricorso alla rete parentale oppure al lavoro privato di cura (in gran parte sommerso), cosicché, al momento, le indennità di accompagnamento sono assai poco efficaci.
      Secondo una recente indagine multiscopo, i disabili in Italia sono oltre 2,6 milioni e gli anziani costituiscono il 73,2 per cento di essi: 1,9 milioni di persone.
      Secondo i dati dell'ISTAT, gli anziani gravemente non autosufficienti sono circa 600 mila; ad essi si aggiungono i disabili non anziani (87 mila minori, 127 mila persone tra 18 e 34 anni di età e 500 mila tra 35 e 64 anni di età). Complessivamente, possono essere considerati disabili gravi 1,5 milioni di persone e le famiglie con un disabile grave sono almeno 1,4 milioni (il 6,6 per cento delle famiglie italiane).
      Di fronte a questi dati, chi ha responsabilità di governo della cosa pubblica non può più sottrarsi al compito di promuovere politiche in grado di estendere significativamente la rete dei servizi per fornire risposte ai bisogni quotidiani di ogni singola persona non autosufficiente, potenziando e aggiornando un sistema di servizi che deve essere qualitativamente diverso dal passato, basato su un forte coordinamento e su un'integrazione delle politiche socio-sanitarie, in grado di offrire una maggiore possibilità di scelta agli utenti e di intervenire sulla base di progetti individuali personalizzati.
      Questa proposta di legge si pone l'obiettivo di aumentare in misura consistente il numero delle persone non autosufficienti che possono beneficiare delle prestazioni assistenziali, così da pervenire a un universalismo vero, e potenziare tanto l'opportunità di assistenza a domicilio e sul territorio, superando la frammentarietà e i forti squilibri territoriali che sino ad ora
 

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hanno contraddistinto la rete dei servizi esistenti, quanto l'offerta e il sostegno economico in termini di potenziamento; di rafforzare i diritti soggettivi delle persone non autosufficienti, rendendo esigibile il diritto alla prestazione; di ridurre l'impatto finanziario sulle famiglie. In questa prospettiva, il tema delle risorse finanziarie a disposizione diventa dirimente per chiunque si accinga alla predisposizione di un efficace e non propagandistico intervento legislativo che si proponga di rendere davvero praticabili tutele e sostegni.
      In altri Paesi europei la discussione dura da anni e i modelli di intervento adottati sono già in corso di correzione alla luce delle esperienze effettuate. In alcuni Paesi si è deciso di socializzare il rischio o ricorrendo a un sistema di tipo assicurativo pubblico, obbligatorio o contributivo, o a uno di tipo universale, coperto da specifiche entrate fiscali. In altri Paesi si è prevista una compartecipazione alla spesa degli utenti e in altri ancora si è proceduto alla privatizzazione dell'assistenza. Da tempo, quindi, in Europa operano schemi di intervento di cui si possono misurare l'efficacia e il livello di gradimento da parte dei cittadini. In Italia siamo ancora indietro. Il tema della redistribuzione delle risorse pubbliche esistenti secondo nuove priorità e della individuazione delle risorse aggiuntive rispetto a quelle oggi disponibili appare urgente e di non facile soluzione per tutte le forze politiche che hanno presentato in Parlamento, nel corso delle diverse legislature, progetti di legge sul tema del sostegno alla non autosufficienza; appare chiaro, quindi, che questa questione richiede soluzioni inedite, in grado di condurre a un'innovazione del sistema di welfare e alla messa a disposizione di risorse tali da rendere esigibili per i cittadini, in concreto, e per le loro famiglie, su tutto il territorio nazionale, il diritto all'assistenza, già sancito dalla legge n. 328 del 2000, ma che ora deve prendere corpo attraverso un'adeguata strumentazione organizzativa e finanziaria.
      L'istituzione del Fondo nazionale per la non autosufficienza (previsto dall'articolo 8 della proposta di legge), alimentato in parte attraverso la fiscalità generale, è motivata dalla convinzione che questo strumento, fin dalla prima fase di applicazione, sia in grado di garantire un aumento significativamente consistente della quantità di risorse complessivamente destinate alle persone non autosufficienti, rafforzando i loro diritti attraverso un'azione pubblica collocata in un sistema di protezione sociale complessivamente più robusto, che preveda come tasselli - l'uno imprescindibile dall'altro - la definizione dei livelli essenziali di assistenza, il potenziamento della rete dei servizi e l'intervento assistenziale sulla base di progetti individuali.
      È del tutto evidente che le risorse messe a disposizione dal Fondo devono necessariamente combinarsi con le risorse che già esistono e che vanno tuttavia consistentemente aumentate per arrivare a una vera risposta universalistica. Da questo punto di vista, è necessario un incremento delle risorse stanziate nell'ambito del Fondo sanitario nazionale a sostegno del costo di cura continuativo in età anziana, oltre che, naturalmente, un adeguamento delle risorse locali.
      I princìpi e gli obiettivi sui quali si basa il Fondo di cui si propone l'istituzione riguardano: l'universalità nei benefìci (le prestazioni del Fondo costituiscono un diritto soggettivo esigibile); l'unitarietà e l'omogeneità del sistema di welfare su tutto il territorio nazionale, che il Fondo contribuisce a garantire; il potenziamento delle prestazioni (in particolare, tramite la garanzia della loro disponibilità); la prevalente domiciliarietà nella fruizione delle stesse; la progressività nella contribuzione.
      Per la costituzione del Fondo si avanza una proposta che fa appello a un patto di solidarietà tra tutti i cittadini di fronte a un rischio che non è più accidentale o straordinario, ma assai prevedibile, quello della non autosufficienza, specie, ovviamente, in età anziana. Quanto alla modalità di gestione del Fondo, è imprescindibile la connessione con le regioni, considerato il rafforzamento del loro ruolo e
 

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delle loro funzioni a seguito della modifica del titolo V della parte seconda della Costituzione: allo Stato spetta pertanto la determinazione dei livelli essenziali di assistenza sociale, alle regioni la potestà di regolamentare e di organizzare i servizi.
      Le prestazioni previste dal Fondo, prevalentemente di carattere domiciliare, non sono sostitutive di quelle sanitarie e sono finalizzate alla copertura dei costi di rilevanza sociale dell'assistenza integrata socio-sanitaria.
      I livelli essenziali delle prestazioni e i parametri di valutazione del grado di non autosufficienza sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di intesa con la Conferenza unificata. Il Fondo è destinato a potenziare la rete dei servizi, a erogare le prestazioni assistenziali attraverso la realizzazione dei progetti individuali, a erogare titoli per la fruizione di prestazioni sociali e assegni di cura commisurati alla gravità del bisogno, nell'ambito di quanto stabilito nel programma di assistenza definito in sede distrettuale, a erogare le risorse necessarie al pagamento della quota sociale a carico dell'utente in caso di ricovero in strutture residenziali, nonché a sviluppare iniziative di solidarietà a favore delle famiglie, anche in concorso con il volontariato e con le organizzazioni non governative.
      Già nei diversi mesi di lavoro dedicati a questo tema dalla Commissione Affari sociali della Camera dei deputati nella XIV legislatura è emersa la consapevolezza condivisa dalla necessità di raccogliere una grande sfida, provando a immaginare un nuovo modello organizzativo dei servizi, che esca dalla rigidità centralistica e standardizzata e che si fondi sui criteri dell'universalità della tutela, della solidarietà e della responsabilità sociale, nella comune convinzione che il sistema dell'offerta di servizi non può rimanere così com'è, ma deve essere potenziato e reso sempre più efficiente ed economico.
      La presente proposta di legge ha tutte le caratteristiche per dare risposte adeguate a questa sfida.
      Le associazioni dei disabili, i sindacati (che hanno raccolto più di un milione di firme per l'istituzione di un Fondo per la non autosufficienza), le regioni, le associazioni delle famiglie, hanno tutti sollecitato il Parlamento, nella XIV legislatura, ad approvare una legge in materia.
      Si tratta, ora, di produrre un formidabile investimento politico in questa legislatura, perché il sostegno alle persone non autosufficienti chiama in causa cultura, sensibilità, saperi e diritti, aggiornamenti di politiche nella cornice rinnovata di un welfare basato sui cicli di vita e chiama, altresì, in causa le aspettative di tante centinaia di migliaia di persone che non possono essere deluse da una politica che rimane priva di futuro se non è in grado di occuparsi del quotidiano, spesso difficile, di ciascun individuo.
 

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